LA VERSIONE TEATRALE DEL FILM MINE VAGANTI DI OZPETEK

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E’ uno di quei film che difficilmente si dimentica ( 2 David di Donatello, 5 Nastri d’Argento e 4 Globi d’Oro, una candidatura al Premio del Pubblico Europeo e una per l’autore della colonna sonora degli European Film Awards ) , e nel rivederlo a teatro, da una parte scatta inevitabilmente il confronto con la pellicola diretta da Ferzan Ozpetek nel 2010, ma dalla parte opposta se ne apprezza inevitabilmente la vera essenza dei personaggi.

Il palcoscenico sul quale si sono articolate le vicende “trafficate” della famiglia Cantone questa volta è quello del Teatro Politeama di Catanzaro, e il pubblico presente in sala è apparso più reattivo che mai manifestando una particolare attenzione attraverso continui applausi, risate durante i dialoghi esilaranti degli attori, ma soprattutto nelle interazioni che si sono create con i protagonisti, che sono scesi  più volte in platea per “mimetizzasi” tra la gente. Infatti grazie a questo espediente gli attori hanno tenuto in pugno l’intera sala che inaspettatamente è divenuta parte attiva del romanzo corale di Ozpetek.  Merito anche della divertente ambientazione in chiave nazional polare utilizzata per parlare al pubblico: accento napoletano delle eclatanti battute della maggior parte degli attori. Nel film invece Özpetek aveva tracciato il ritratto di una famiglia pugliese contemporanea. Senza dubbio anche il cast teatrale ha espresso al meglio il tenore della commedia: straordinarie le interpretazioni di Francesco Pannofino che ha interpretato il ruolo del padre bigotto nella pellicola del 2010 fu del compianto Ennio Fantastichini; Simona Marchini nel ruolo della nonna intuitiva ma annoiata che nel film originale era interpretato da Ilaria Occhini, e poi ancora Iaia Forte, Carmine Recano ed Erik Tonelli che si trovava al suo primo debutto in questo spettacolo e che d’ora in poi sostituirà Edoardo Purgatori.

Il Mine vaganti scritto da Ozpetek in collaborazione con Ivan Cotroneo, affronta varie tematiche: la malinconia di un amore impossibile, l’amicizia, la speranza di un amore che sia totalizzante, i pregiudizi della gente sull’omosessualità, e la morale di questo racconto non tarda ad arrivare perchè c’è continuamente l’invito ad abbandonare tutta la serie di luoghi comuni da troppo tempo ormai radicati nella società italiana, e avere la possibilità di parlare al pubblico del sud Italia, il nostro Sud, non può far altro che farci auspicare sempre più in una società che coltivi i valori delle differenze, piuttosto Chen isolarle.